Raptabatur quoque mens ejus per id temporis in alias sectandae semitas vitae, sed vis desiderii ejus in hanc quammaxime declinaverat. Sciens itaque scriptum esse: Omnia fac cum consilio, et post factum non poenitebis (Eccli. XXXII, 24) , nolebat se alicui uni vitae earum quas mente volebat inconsulte credere, ne in aliquo videretur Scripturae praeceptis non obedire. Amicos insuper multos habens, sed cui se totum in istis committeret consiliarium unum, de mille videlicet praefatum Lanfrancum eligens, venit ad eum, indicans voluntatem suam ad tria pendere, sed per consilium ejus ad unum quod potissimum judicaret, duobus relictis, se velle tenere. Quae tria sic ei exposuit. Aut enim, inquit, monachus fieri volo, aut eremi cultor esse desidero, aut ex proprio patrimonio vivens, quibuslibet indigentibus propter Deum pro meo posse exinde ministrare, si consulitis, cupio. Jam enim pater ejus obierat, et tota haereditas ad illum respiciebat. In his, inquam, tribus voluntatem meam, domine Lanfrance, fluctuare sciatis, sed precor ut me in horum potissimo stabilitatis. Differt Lanfrancus sententiam ferre, suadetque negotium ad venerabilis Maurilii [ al., Maurici] Rothomagensis episcopi [ al., archiepiscopi] audientiam magis referre. Acquiescit Anselmus consilio, et comitatus Lanfranco pontificem petit. Tanta autem vis devotionis pectus Anselmi tunc possidebat, tantumque veri consilii Lanfranco inesse credebat, ut cum Rothomagum petentes, per magnam quae super Beccum est silvam pergerent, si Lanfrancus ei diceret, in hac silva mane, et ne dum vixeris hinc exeas cave, procul dubio ut fatebatur imperata servaret. Pervenientes ergo ad episcopum adventus sui causas ei exponunt, quid inde sentiat quaerunt. Nec mora, monachicus ordo prae caeteris laudatur, ejusque propositum omnibus aliis antefertur.
In quel periodo, la sua mente era attratta anche da altre strade di vita, ma il suo desiderio più profondo lo spingeva soprattutto verso una.
Poiché sapeva che è scritto: «Fa’ tutto con consiglio, e dopo non avrai da pentirtene» (Sir 32,24), non voleva affidarsi imprudentemente a una delle vie che desiderava, per non rischiare di disobbedire ai precetti della Scrittura.
Pur avendo molti amici, scelse un solo consigliere tra mille, ovvero il già menzionato Lanfranco.
Si recò dunque da lui e gli confidò che la sua volontà oscillava tra tre possibilità, ma che avrebbe seguito quella che, su consiglio di Lanfranco, fosse stata giudicata la migliore, abbandonando le altre due.
Gli espose quindi le tre opzioni:
«Desidero o farmi monaco, oppure condurre vita eremitica, oppure, vivendo con le mie risorse, assistere i bisognosi per amore di Dio secondo le mie possibilità. Se lo ritenete opportuno, questa è la mia intenzione.»
Infatti, suo padre era ormai morto e tutta l’eredità ricadeva su di lui.
«Sappiate, dunque, maestro Lanfranco, che la mia volontà oscilla tra queste tre possibilità, ma vi prego di orientarmi verso quella più salda.»
Lanfranco, però, non volle pronunciarsi subito e gli consigliò di sottoporre la questione al venerabile Maurilio, arcivescovo di Rouen.
Anselmo accettò il consiglio e, accompagnato da Lanfranco, si mise in viaggio per raggiungere il vescovo.
Tale era la forza della devozione che allora riempiva il cuore di Anselmo, e così grande era la fiducia che riponeva nei consigli di Lanfranco, che se, durante il cammino attraverso la grande foresta che sovrasta Bec, il maestro gli avesse detto:
«Rimani in questa foresta e non uscirne mai finché vivi»,
egli, come lui stesso dichiarava, avrebbe obbedito senza esitazione.
Giunti dunque dal vescovo, gli esposero le ragioni del loro viaggio e gli chiesero il suo parere.
Senza indugio, il vescovo elogiò sopra ogni altra la vita monastica e preferì questa scelta a tutte le altre.
Traduzione in italiano a cura di Note di Storia, pubblicata a solo scopo divulgativo e per facilitare la comprensione del testo.