NOTEdiSTORIA

De corporalibus ejus exercitiis, jejuniis dico, orationibus atque vigiliis, melius aestimo silere quam loqui. Quid namque de illius jejunio dicerem, cum ab initio prioratus sui tanta corpus suum inedia maceraverit, ut non solum omnis illecebra gulae penitus in eo postmodum exstincta sit, sed nec famem sive delectationem comedendi pro quavi abstinentia, ut dicere consueverat, aliquando pateretur. Comedebat tamen ut alii homines, sed omnino parce, sciens corpus suum sine cibo non posse subsistere [ al., sustinere]. In orationibus autem quas ipse juxta desiderium et petitionem amicorum suorum scriptas edidit, qua sollicitudine, quo timore, qua spe, quo amore Deum et sanctos ejus interpellaverit, nec non interpellandos docuerit, satis est et me tacente videre: sit modo qui eis pie intendat, et spero quia cordis ejus affectum, suumque profectum in illis et per illas gaudens percipiet. Quid de vigiliis? Totus dies in dandis consiliis saepissime non sufficiebat, addebatur ab hoc pars maxima noctis. Praeterea libros, qui ante id temporis nimis corrupti ubique terrarum erant, nocte corrigebat, sanctis meditationibus insistebat, ex contemplatione summae beatitudinis et desiderio vitae perennis immensos lacrymarum imbres effundebat. Hujus vitae miserias, suaque, si quae erant peccata, et aliorum amarissime flebat, et vix parum ante vigilias nocturnas, saepeque nihil somni capiebat. Talibus studiis vita ejus ornabatur.

Per quanto riguarda le sue pratiche corporali, cioè i digiuni, le preghiere e le veglie, ritengo sia meglio tacere che parlarne. Che potrei mai dire del suo digiuno, se fin dall'inizio del suo priorato egli mortificò il proprio corpo con una tale astinenza da far sì che non solo ogni attrattiva del gusto fosse completamente estinta in lui, ma neppure provasse fame o piacere nel mangiare, indipendentemente dall’astinenza praticata? Egli stesso era solito dire che non ne soffriva affatto. Tuttavia, mangiava come tutti gli altri uomini, ma sempre con grande moderazione, sapendo che il suo corpo non poteva sostenersi senza cibo.

Nelle preghiere che egli stesso scrisse secondo il desiderio e la richiesta dei suoi amici, con quale sollecitudine, timore, speranza e amore avesse interceduto presso Dio e i suoi santi, e insegnato agli altri a farlo, si può comprendere chiaramente anche senza che io lo dica: basta che qualcuno le legga con devozione, e spero che percepirà con gioia sia il sentimento del suo cuore sia il proprio progresso spirituale attraverso di esse.

E cosa dire delle veglie? Spesso l’intera giornata non gli bastava per dispensare consigli, e così vi aggiungeva gran parte della notte. Inoltre, correggeva di notte i libri, che fino ad allora erano stati largamente corrotti ovunque, si dedicava a sante meditazioni e versava fiumi di lacrime nel contemplare la suprema beatitudine e nel desiderare la vita eterna. Piangeva amaramente per le miserie di questa vita, per i propri peccati, se ne aveva, e per quelli degli altri. Spesso non dormiva affatto o solo pochissimo prima delle veglie notturne.

La sua vita era impreziosita da tali studi e dedizioni.

Traduzione in italiano a cura di Note di Storia, pubblicata a solo scopo divulgativo e per facilitare la comprensione del testo.