NOTEdiSTORIA

Sed cum ipse (ut flens referebat) eum ad magnum Ecclesiae fructum proficere speraret, ecce gravi corporis infirmitate praeripitur, lectoque recipitur. Videres [ al., videns] tunc bonum patrem felicis juvenis amicum, lecto jacentis die noctuque assidere, cibum et potum ministrare; omnium ministrorum super se ministeria suscipere, veri amici morem in omnibus gerere; ipse corpus, ipse animam ejus studiosissime refovebat. Appropinquanti autem ad exitum familiari praecepit alloquio, quatenus post obitum suum si possibile foret, suum esse sibi revelaret. Spopondit, et transiit. Corpus defuncti ex more lotum, vestitum, in feretro compositum, in ecclesiam delatum est. Circumsederunt fratres psalmos pro ejus anima decantantes; Anselmus vero quo liberius pro eo preces funderet, in secretiorem ecclesiae locum secessit. Qui cum inter ipsas lacrymas ex gravi cordis moestitudine corpore [ al., torpore] deficeret, et paululum oculos in somnum deprimeret, vidit in spiritu mentis suae quasdam reverendi vultus personas candidissimis vestibus ornatas, domum in qua idem Osbernus vitam finierat introisse, et ad judicandum circumsedisse. Verum cum judicii sententiam ignoraret, eamque sollicitus nosse desideraret, ecce Osbernus adest similis homini, [ al. omit.] cum aut ex languore, aut ex nimia sanguinis munitione fuerit exanimatus, ad se redeunti. Ad quem pater: Quid est, fili? Quomodo es? Cui ille haec verba respondit: Ille antiquus serpens ter insurrexit in me, et ter cecidit in semetipsum, et ursarius Domini Dei liberavit me. Quo dicto Anselmus oculos a somno levavit, et Osbernus non comparuit. En obedientiam mortuus vivo exhibebat, quam vivens viventi exhibere solitus erat [ al., solebat].

Ma mentre egli (come raccontava in lacrime) sperava che il giovane progredisse fino a portare grande frutto alla Chiesa, ecco che una grave malattia lo colse all'improvviso e lo costrinse a letto.

Allora si poteva vedere quel buon padre, amico del giovane fortunato, sedere giorno e notte accanto al letto di colui che giaceva infermo, porgergli cibo e bevanda, assumere su di sé ogni compito dei ministri e comportarsi in tutto come un vero amico. Egli stesso si occupava con la massima premura sia del corpo sia dell'anima del giovane.

Quando poi questi si avvicinò al momento della morte, Anselmo gli ordinò con affettuoso discorso che, se fosse stato possibile, dopo la sua dipartita gli rivelasse quale fosse il suo stato. Il giovane lo promise e morì.

Il corpo del defunto, secondo l’usanza, fu lavato, vestito, deposto nel feretro e portato in chiesa. I fratelli si radunarono intorno e cantarono i salmi per la sua anima, mentre Anselmo, affinché potesse pregare per lui con maggiore libertà, si ritirò in un luogo più appartato della chiesa.

Ma mentre tra le lacrime, oppresso dalla grave afflizione del cuore, il suo corpo veniva meno, e abbassando un poco gli occhi si assopì, vide nella sua mente alcune persone dal volto venerabile, vestite di bianchissime vesti, entrare nella casa dove lo stesso Osberno aveva terminato la sua vita e sedersi in cerchio per giudicare.

Non conoscendo però la sentenza di quel giudizio e desiderando con ansia saperla, ecco che improvvisamente apparve Osberno, simile a un uomo che, svenuto per la malattia o per una grave perdita di sangue, stia tornando in sé.

Allora il padre gli disse:

«Che succede, figlio? Come stai?»

Ed egli rispose con queste parole:

«Quel serpente antico si è scagliato contro di me tre volte e tre volte è caduto su se stesso, e l’orso del Signore Dio mi ha liberato.»

Detto ciò, Anselmo aprì gli occhi dal sonno e Osberno scomparve.

Ecco, anche da morto egli mostrava al vivo la stessa obbedienza che in vita era solito dimostrargli.

Traduzione in italiano a cura di Note di Storia, pubblicata a solo scopo divulgativo e per facilitare la comprensione del testo.