NOTEdiSTORIA

Post haec Anselmus ut sanctae dilectionis munus quod vivo impenderat, mortuo non negaret, per integrum annum missam pro anima ejus omni die celebravit. Quod si aliquando a celebratione ipsius sacramenti impediebatur, eos qui missas familiares debebant, suam pro anima fratris missam dicere faciebat; et ipse missas eorum, dum opportunum erat, ante missam sui defuncti alia missa persolvebat. Itaque per singulos dies totius anni aut ipse pro illo missam celebravit, aut ab alio celebratam alia missa mutuatus [ al., mutatus] est. Super haec missis circumquaque epistolis pro anima sui Osberni orationes fieri petiit, et obtinuit. Haec fratres videntes et socordiam sui cordis redarguentes, se miseros ac infelices, Osbernum beatum praedicant ac felicem, qui talem amorem, talem meruit invenisse subventionem. Ex hoc ergo singuli quique [ al., quippe] corpore, et animo se subdunt Anselmo, cupientes in amicitiam ejus haereditario jure succedere Osberno. At ille in conversione ipsorum Deo gratias agens, omnibus omnia factus est, ut omnes salvos faceret (I Cor. IX, 22).

Dopo questi eventi, affinché non venisse meno a Osberno, ormai defunto, il dono di santa carità che gli aveva mostrato in vita, Anselmo celebrò per un anno intero la Messa quotidiana per la sua anima.

E se talvolta era impedito dal celebrare personalmente il sacrificio, faceva in modo che coloro che erano incaricati delle Messe conventuali celebrassero la sua Messa per l’anima del fratello defunto; a sua volta, quando gli era possibile, restituiva loro quel debito celebrando un’altra Messa prima della Messa per il defunto.

Così, per ogni singolo giorno di tutto l’anno, o celebrò lui stesso la Messa per lui, o la fece celebrare da altri, compensandola poi con una Messa offerta in cambio.

Inoltre, inviò lettere ovunque per chiedere preghiere in suffragio dell’anima di Osberno, e ottenne ciò che domandava.

I fratelli, vedendo tutto questo e rimproverandosi per la loro tiepidezza di cuore, si consideravano miseri e infelici, mentre proclamavano Osberno beato e felice, poiché aveva meritato di ricevere un amore così grande e un aiuto così potente.

Di conseguenza, ciascuno di loro, nel corpo e nell’anima, si sottomise ad Anselmo, desiderando succedere a Osberno nella sua amicizia, quasi per diritto ereditario.

Ma egli, rendendo grazie a Dio per la loro conversione, si fece tutto a tutti, per guadagnare tutti alla salvezza (1 Cor 9,22).

Traduzione in italiano a cura di Note di Storia, pubblicata a solo scopo divulgativo e per facilitare la comprensione del testo.