Sed cum inter haec eum diversa diversorum negotia fatigarent, et nonnunquam illius mentem a sua quiete turbarent, consilium super his a supra dicto venerandae memoriae archiepiscopo Rothomagensi Maurillo postulaturus Rothomagum venit. Cumque sui adventus causam pontifici exponeret, ac inter verba pro amissa status sui tranquillitate vehementissime fleret, ab onere praelationis quod sibi fatebatur importabile, ut relevari mereretur, magno opere coepit rogare. At ille sicuti vir magnae sanctitatis: Noli, inquit, mi fili charissime, quod quaeris quaerere, nec te a subvectione [ al., te subjectione] aliorum tui solius curam gerens velis retrahere. Vere etenim dico tibi me de multis audisse, multosque vidisse, qui quoniam causa suae quietis proximorum utilitati per pastoralem curam invigilare noluerunt, per desidiam ambulantes semper de malo in pejus profecerunt. Quapropter ne tibi (quod absit) hoc idem contingat, per sanctam obedientiam praecipio quatenus praelationem quam nunc habes retineas, nec eam [ al., jam] nisi tuo jubente abbate quomodolibet deseras; et si quando fueris ad majorem vocatus, eam suscipere nullatenus abnuas. Scio enim quod in hac quam tenes non diu manebis, verum ad altiorem praelationis gradum non post multum proveheris. Quibus auditis, vae, inquit, misero mihi. In eo quod porto deficio; et si gravius imponitur onus, rejicere non audeo. Repetit praesul edictum, et ut primo jubet ne transgrediatur.
Ma mentre, tra queste cose, i diversi affari di molti lo affaticavano e talvolta turbarono la sua mente distogliendola dalla sua pace interiore, decise di recarsi a Rouen per chiedere consiglio su tali questioni al già menzionato arcivescovo Maurilio, di venerata memoria.
E quando espose al pontefice il motivo della sua venuta, nel corso della conversazione si mise a piangere amaramente per la perdita della propria tranquillità e, confessando di ritenere insopportabile il peso del governo che gli era stato affidato, iniziò a supplicarlo con insistenza affinché potesse esserne sollevato.
Ma l’arcivescovo, uomo di grande santità, gli rispose:
*«Non cercare, figlio mio carissimo, ciò che chiedi, né desiderare di sottrarti al governo degli altri solo per occuparti di te stesso. Ti dico con certezza di aver sentito parlare di molti e di averne visti altrettanti, i quali, poiché non vollero dedicarsi al bene del prossimo attraverso il ministero pastorale per il proprio quieto vivere, finirono per camminare nella negligenza e progredire sempre più di male in peggio.
Perciò, affinché ciò non accada anche a te (Dio non voglia!), per santa obbedienza ti ordino di mantenere l’incarico di governo che ora detieni, e di non abbandonarlo in alcun modo se non per ordine del tuo abate. Inoltre, se un giorno sarai chiamato a un grado più alto, non dovrai assolutamente rifiutarlo.
So bene, infatti, che non rimarrai a lungo nell’incarico che ora hai, ma sarai presto elevato a una dignità superiore nel governo della Chiesa.»*
Udite queste parole, Anselmo esclamò:
«Ahimè, misero me! Già vengo meno sotto il peso che porto, e se mi verrà imposto un carico ancora più grave, non oso respingerlo.»
Ma il vescovo ripeté il comando e, come aveva stabilito in precedenza, gli ingiunse severamente di non trasgredire il suo ordine.
Traduzione in italiano a cura di Note di Storia, pubblicata a solo scopo divulgativo e per facilitare la comprensione del testo.