Sed propter Deum vellem diceretis mihi, quid causae sit quod eis tantum infesti estis? Nonne homines; nonne ejusdem naturae sunt cujus vos estis? Velletisne vobis fieri quod illis infertis [ al., facitis]? Si quidem quod sunt, vos essetis? Sed esto. Solis eos percussionibus et flagellis ad mores bonos vultis informare [ al., minare]? Vidistis unquam artificem ex lamina auri vel argenti solis percussionibus imaginem speciosam formasse? Non puto. Quid tunc? Quatenus aptam formam ex lamina formet [ al., aptet], nunc eam suo instrumento leniter premit et percutit, nunc discreto levamine lenius levat et format. Sic et vos si pueros vestros cupitis ornatis moribus esse, necesse est ut cum depressionibus verberum impendatis eis paternae pietatis et mansuetudinis levamen atque subsidium. Ad haec abbas: Quod levamen? quod subsidium? Ad graves et maturos moles illos constringere laboramus. Cui ille: Bene quidem. Et panis et quisque solidus utilis et bonus est, eo uti valenti. Verum subtracto lacte ciba inde lactentem infantem, et videbis eum magis ex hoc strangulari, quam recreari. Cur hoc? Dicere nolo, quoniam claret. Attamen hoc tenete, quia sicut fragile et forte corpus pro sua qualitate habet cibum suum; ita fragilis et fortis anima habet pro sui mensura victum suum. Fortis anima delectatur et pascitur solido cibo, patientia scilicet in tribulationibus, non concupiscere aliena, percutienti unam maxillam praebere alteram, orare pro inimicis, odientes diligere, et multa in hunc modum. Fragilis autem et adhuc in Dei servitio tenera [ al., tenere], lacte indiget, mansuetudine videlicet aliorum, benignitate, misericordia, hilari advocatione, charitativa supportatione, et pluribus hujusmodi. Si taliter vestris et fortibus et infirmis vos coaptatis; per Dei gratiam omnes, quantum vestra refert, Deo [ al., cura Deo] acquiretis. His abbas auditis ingemuit dicens: Vere erravimus a veritate, et lux discretionis non luxit nobis. Et cadens in terram ante pedes ejus se peccasse, se reum esse confessus est, veniamque de praeteritis petiit, et emendationem de futuris repromisit. Haec idcirco diximus, quatenus per haec quam piae discretionis et discretae pietatis in omnes fuerit agnoscamus.
Ma, per amore di Dio, vorrei che mi diceste: quale motivo vi spinge a essere così ostili nei loro confronti? Non sono forse esseri umani? Non hanno forse la stessa natura che avete voi? Vorreste che vi fosse fatto ciò che voi infliggete a loro? E se foste voi al loro posto?
Ma supponiamo pure che sia così. Volete davvero educarli alle buone maniere solo con percosse e frustate? Avete mai visto un artigiano che, battendo semplicemente su una lamina d’oro o d’argento, riesca a modellare una splendida immagine? Non credo. Che cosa fa allora? Per dare alla lamina la forma desiderata, a volte la preme e la percuote delicatamente con il suo strumento, altre volte la solleva con leggerezza e la modella con attenzione.
Allo stesso modo, se volete che i vostri ragazzi crescano con buoni costumi, è necessario che, insieme alla severità delle percosse, offriate loro anche il sollievo e il sostegno della pietà paterna e della mitezza.
A queste parole, l’abate rispose:
«Quale sollievo? Quale sostegno? Noi ci sforziamo di temprarli con grande impegno per renderli maturi e responsabili!»
Allora Anselmo replicò:
**«Benissimo. Anche il pane solido è utile e buono, ma solo per chi è in grado di mangiarlo. Tuttavia, prova a togliere il latte a un bambino ancora lattante e nutrilo con quel cibo: vedrai che non ne trarrà beneficio, ma piuttosto ne sarà soffocato. E perché questo accade? Non serve dirlo, è evidente.
Ricordate, dunque, che così come il corpo fragile e quello robusto hanno ciascuno il proprio cibo adatto, anche l’anima fragile e quella forte necessitano di un nutrimento adeguato.
L’anima forte si nutre e si diletta di cibo solido: la pazienza nelle tribolazioni, il non desiderare ciò che appartiene ad altri, il porgere l’altra guancia a chi colpisce, il pregare per i nemici, l’amare coloro che odiano, e molte altre cose simili.
L’anima fragile, invece, ancora giovane nel servizio di Dio, ha bisogno di latte: la mitezza di chi le sta accanto, la benevolenza, la misericordia, un’accoglienza gioiosa, la paziente sopportazione caritatevole e molte altre virtù simili.
Se saprete trattare i vostri, sia i forti sia i deboli, con questa giusta misura, con la grazia di Dio riuscirete a condurre tutti, per quanto dipende da voi, verso di Lui.»**
All’udire queste parole, l’abate sospirò profondamente e disse:
«Abbiamo davvero errato lontano dalla verità, e la luce della discrezione non ha brillato per noi.»
E, cadendo a terra ai piedi di Anselmo, confessò di aver peccato e di essere colpevole, chiedendo perdono per il passato e promettendo di correggersi per il futuro.
Abbiamo riferito queste cose affinché, attraverso di esse, si possa riconoscere quanto egli fosse dotato di una pietà profondamente discreta e di una discrezione profondamente pia verso tutti.
Traduzione in italiano a cura di Note di Storia, pubblicata a solo scopo divulgativo e per facilitare la comprensione del testo.