Invitabatur praeterea a diversis abbatiis, quatenus ibi et publice in capitulo fratribus, et secum privatim loqui volentibus, verba vitae ministraret. Namque solemne exstiterat omnibus, ut quidquid ab ore illius foret auditum, sic haberetur quasi plane divinum responsum. Unde requirendi consilii gratia, ex diversis ad eum locis festinabatur. Quae res invidia gravi diabolum vulneravit [ al., vulnerabat]. Nonnullos ergo quos ab ea intentione secreta fraude non poterat, manifesta increpatione avertere machinabatur. Exempli causa, miles quidam erat, Cadulus nomine. Hic quadam vice vigiliis et orationibus Deo intentus audivit diabolum sub voce scutarii sui extra ecclesiam in qua erat vociferantem, et turbato murmure equos et omnia sua fracto hospitio a latronibus jam tunc direpta esse, atque abducta conquerentem, nec aliquid eorum ulterius recuperandum, ni citius accurreret. Ad quae cum ille nequaquam moveretur, majus videlicet damnum deputans orationi cedere, quam sua perdere; dolens diabolus se despectum, in speciem ursi demutatus est, et ecclesiae per tectum dilapsus, ante ipsum praeceps corruit, ut horrore saltem et fragore sui casus virum a coepto proturbaret [ al., perturbaret]. Sed miles immobilis permanet, et monstrum securus irridet. Post quae statum vitae suae proposito sanctiori fundare desiderans Anselmum adiit, consilium ejus super hoc addiscere cupiens. Verum dum ad ipsum vadens iter acceleraret, ecce malignus hostis humanam vocem ex adverso edens, in haec verba prorupit: Cadule, Cadule, quo tendis? Igitur cum ille ad vocem hanc subsisteret, scire volens qui esset qui talia diceret, repetivit daemon, et ait: Quo tendis, Cadule? Quid te tantopere priorem illum hypocritam cogit adire? Opinio siquidem ejus omnino alia est a conversatione vitae illius. Quapropter suadeo, consulto ut celerius redeas, ne seductus ab eo stultitia, qua modo, traheris, illaque eris. Hypocrisis namque sua jam multos decepit, et spe vana delibutos suis vacuos et immunes effecit. Haec ille audiens, et daemonem esse qui loquebatur recognoscens, signo se crucis munivit, et spreto hoste, quo proposuerat ire, perrexit. Quid plura? Audito Anselmo, abnegato seipso et saeculo religiosae vitae se tradidit, et apud Majus-Monasterium monachus factus est. Hunc etenim usum Anselmus habebat, ut nunquam alicujus commodi causa suaderet alicui saeculo renuntiare volenti, quatenus in suo monasterio potius quam in alieno id faceret. Quod nimirum eo intuitu, ea consideratione faciebat, ne ullus postmodum loco quem ex propria deliberatione non intraverat, aliqua ut fit pulsatus molestia detraheret, et scandali sui ac impatientiae murmur persuasioni illius imputaret, itaque se aliis et alios sibi ad multa divisus graves efficeret.
Inoltre, veniva invitato da varie abbazie affinché dispensasse parole di vita, sia pubblicamente in capitolo ai frati, sia privatamente a coloro che volevano parlargli. Era infatti consuetudine che tutto ciò che fosse udito dalla sua bocca fosse considerato quasi come una risposta divina. Perciò da diversi luoghi si affrettavano a lui per chiedere consiglio.
Questo fatto ferì gravemente il diavolo con l'invidia. Non riuscendo con inganno segreto ad allontanare alcuni da tale intento, cercava di distoglierli con un’aperta accusa.
Ad esempio, c’era un cavaliere di nome Cadulo. Costui, mentre in una circostanza si dedicava a veglie e preghiere a Dio, udì il diavolo gridare fuori dalla chiesa dove si trovava, con la voce del proprio scudiero, lamentandosi con tono agitato che i suoi cavalli e tutti i suoi beni fossero stati in quel momento portati via dai ladroni e il rifugio forzato, e che nulla di ciò si sarebbe più potuto recuperare se non fosse accorso immediatamente.
Ma egli, non volendosi affatto muovere, ritenendo che fosse una perdita maggiore interrompere la preghiera che perdere i propri beni, fece sì che il diavolo, dolendosi di essere stato disprezzato, si mutasse in sembianze di orso e, precipitando attraverso il tetto della chiesa, cadesse rovinosamente davanti a lui, sperando almeno che con lo spavento e il fragore della propria caduta lo avrebbe turbato. Tuttavia, il cavaliere rimase immobile e sicuro, deridendo il mostro.
Dopo questi fatti, desiderando fondare la sua condotta di vita con un proposito più santo, si recò da Anselmo per apprenderne il consiglio.
Ma mentre, accelerando il passo, si dirigeva verso di lui, ecco che il maligno avversario, alzando la voce umana, si rivolse a lui dicendo:
«Cadulo, Cadulo, dove stai andando?»
Allora, egli, fermatosi a quel richiamo, volendo sapere chi fosse a dirgli tali parole, il demonio ripeté:
«Dove stai andando, Cadulo? Perché ti affretti ad andare da quel priore ipocrita? La sua fama è completamente diversa dalla sua condotta di vita. Perciò ti consiglio, deliberatamente, di tornare subito indietro, affinché non sia tratto in inganno dalla stoltezza alla quale ora stai correndo incontro e non resti prigioniero di essa. La sua ipocrisia ha già ingannato molti, i quali, svuotati da una speranza vana, si sono ritrovati spogli e privi di tutto.»
Udite queste parole e riconoscendo che a parlare era il demonio, si segnò con il segno della croce e, disprezzato il nemico, proseguì verso il luogo dove si era proposto di andare.
Che altro? Dopo aver ascoltato Anselmo, rinnegò se stesso e il mondo e si consacrò alla vita religiosa, divenendo monaco nel Monastero Maggiore.
Anselmo, infatti, aveva questa abitudine: non persuadere mai nessuno, per qualche vantaggio, a rinunciare al mondo affinché lo facesse nel proprio monastero piuttosto che in un altro. E questo faceva con tale intenzione e considerazione affinché nessuno, in seguito, colpito da qualche difficoltà nel luogo che non aveva scelto per propria deliberazione, ne parlasse male e attribuisse alla persuasione di Anselmo il motivo della propria impazienza e del proprio turbamento, e così diventasse gravoso per sé e per gli altri.
Traduzione in italiano a cura di Note di Storia, pubblicata a solo scopo divulgativo e per facilitare la comprensione del testo.