NOTEdiSTORIA

Defuncto, saepe superius nominato, abbate Herluino, uno omnium [ al., omnino] fratrum Beccensium consensu in abbatem eligitur. Quod ipse omni studio subterfugere gestiens, multas et diversas rationes ne id fieret obtendebat. Sed illis nec auditum quidem rationibus ejus patienter accommodare volentibus, anxiatus est in eo spiritus ejus, et quid ageret ignorabat. Transierunt in istis dies quidam. Verum ubi Anselmus vidit se monachorum unanimem constantiam non posse verbis mutare, tentavit si quomodo eam valeret vel precibus inclinare. Eis itaque priore sub uno constitutis, ac ei ut, omissis objectionibus solitis, abbas fieri acquiesceret insistentibus, ille flens et miserandos singultus edens, prosternitur in faciem coram omnibus, orans et obtestans eos per nomen Dei omnipotentis, per si qua in eis erant pietatis [ al., misericordiae] viscera, quatenus respectu misericordiae [ al., pietatis] Dei super eum intendant, et ab incepto desistentes se a tanto onere quietum manere permittant. At illi omnes econtra in terram prostrati, orant ut ipse potius loci illius et eorum misereatur, ne postposita utilitate communi se solum prae caeteris singulariter amare convincatur. Acta sunt de his utrinque plurima in hunc modum; sed jam nunc eis istum ponimus dicendi modum. Vicit tandem diligens [ al., dicendi] importunitas et importuna diligentia fratrum jugum Domini sub ejus regimine ferre volentium; vicit quoque et multo maxime vicit praeceptum, quod, ut supra retulimus, ei fuerat ab archiepiscopo Maurilio per obedientiam injunctum, videlicet, ut si major praelatio quam illius prioratus exstiterat, ipsi aliquando injungeretur, nullatenus eam suscipere recusaret. Nam, sicut ipse testabatur, nunquam se abbatem fieri consensisset, nisi eum hoc quod dicimus imperium ad hoc constrinxisset. Tali ergo violentia est abbas effectus, ac Becci debito cum honore sacratus. Qualem vero se deinceps in cunctis sanctarum exercitiis virtutum exhibuerit, inde colligi potest quod nunquam de retroacta sanctitatis suae conversatione causa abbatiae aliquid minuit, sed semper de virtute in virtutem, ut Deum deorum in Sion mereretur videre, conscendere studuit.

Alla morte dell’abate Herluino, più volte menzionato in precedenza, Anselmo fu eletto abate con il consenso unanime di tutti i monaci di Bec.

Ma egli, cercando con ogni mezzo di sottrarsi a tale incarico, oppose molte e diverse ragioni affinché ciò non avvenisse.

Tuttavia, poiché i monaci non vollero nemmeno ascoltare pazientemente le sue obiezioni, il suo animo si angosciò profondamente e non sapeva più cosa fare.

Passarono alcuni giorni in questa situazione.

Ma quando Anselmo vide che non riusciva a far cambiare idea ai monaci con le parole, tentò di piegarli almeno con le suppliche.

Così, riunitili tutti sotto la guida di un priore, mentre essi insistevano perché smettesse di opporre resistenza e accettasse di diventare abate, egli, piangendo e singhiozzando amaramente, si prostrò a terra davanti a tutti, pregandoli e scongiurandoli nel nome di Dio onnipotente e per ogni sentimento di pietà e misericordia che potessero avere, affinché, per amore della misericordia divina, avessero compassione di lui e desistessero dal loro intento, lasciandolo vivere in pace, libero da un peso tanto grande.

Ma essi, tutti prostrati a terra a loro volta, lo supplicarono invece di avere pietà del monastero e di loro, affinché non desse l’impressione di amare sé stesso più di ogni altro e di anteporre il proprio bene alla necessità comune.

Da entrambe le parti furono dette molte parole su questo argomento.

Ma ora è sufficiente riassumere così la questione: alla fine, la costanza amorosa e insistente dei monaci, desiderosi di portare il giogo del Signore sotto la sua guida, ebbe il sopravvento; ma ancor più ebbe la meglio il comando che, come sopra ricordato, gli era stato imposto per obbedienza dall’arcivescovo Maurilio, ossia che, se gli fosse stata affidata una carica superiore a quella del priorato, non avrebbe dovuto rifiutarla in alcun modo.

Infatti, come lui stesso testimoniava, non avrebbe mai acconsentito a diventare abate, se non fosse stato costretto da tale comando.

Così, sotto una tale pressione, divenne abate e fu consacrato con il dovuto onore a Bec.

E quale sia stato il suo comportamento negli esercizi di tutte le sante virtù dopo la sua nomina, lo si può dedurre dal fatto che non ridusse mai nulla della santità della sua vita passata a causa della carica abbaziale, ma si sforzò sempre di salire di virtù in virtù, affinché meritasse di vedere il Dio degli dèi in Sion (Salmo 83,8).

Traduzione in italiano a cura di Note di Storia, pubblicata a solo scopo divulgativo e per facilitare la comprensione del testo.