NOTEdiSTORIA

L’11 luglio, giorno in cui l’Occidente cattolico festeggia san Benedetto, patrono d’Europa, l’Oriente ortodosso festeggia Olga di Kiev, figura centrale nella storia dei contatti tra Occidente ed Oriente, vero anello di congiunzione tra paganesimo e cristianesimo per le terre slave.

Olga (o Helga) visse in pieno X secolo ma per comprendere gli eventi dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e giungere alla metà del IX secolo: mentre l’impero carolingio inizia a declinare, in quegli stessi decenni, l’area del Mar Baltico viene travolta da un’ondata migratoria di popolazioni scandinave, i cosiddetti Vareghi. Nella zona della Rus’, attorno al lago di Ladoga, i pirati-mercanti –questo è il significato del termine norreno Varingr– si stabilirono presso Novgorod, sotto la guida del principe Riurijk e poi, più a Sud, nella città di Kiev, situata sull’alta riva destra del Dnepr, in una posizione strategica da cui si controllavano le vie fluviali che connettevano il Baltico col Mar Nero, la “Via dai Vareghi ai Greci”, in quanto giungeva sino ai confini dell’Impero Bizantino. Al principe Riurijk, le cui vicende sono parzialmente leggendarie, si deve la fondazione del primo regno Rus’: con lui ebbe inizio la cosiddetta dinastia dei principi Riurikidi, signori scandinavi che, nel corso dei secoli si divisero in vari rami, unificando le tribù slave orientali, o dando vita a principati autonomi. Il figlio di Riurijk, Oleg, ampliò il territorio paterno e spostò la capitale del principato a Kiev, dopo essersi scontrato più volte con Bisanzio.

Traduzione in italiano e miniature della Cronaca degli anni passati (Manoscritto Radziwiłł): estratto del periodo dal 903 al 969
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Cronaca dei tempi passati

Principale fonte per la storia di questi eventi è la cosiddetta “Cronaca dei tempi passati” –Povest vremen-nykh let–, attribuita al monaco Nestore di Kiev e oggi ritenuta una collazione di diversi materiali, tra cui alcuni attribuibili a Silvestro di Kiev, altri al principe Mstislav il Grande, e forse risistemati da Nestore. Nel testo della Cronaca si mescolano storia e leggenda, prosa e poesia, al punto che si ritiene che alcune sezioni siano tratte da poemi epici slavi perduti, i cosiddetti Byliny.

Traduzione in italiano e miniature della Cronaca degli anni passati (Manoscritto Radziwiłł): estratto del periodo dal 903 al 969 Leggi
Il monaco Nestore
Mark Antokol’skij (1890)

La prima sezione della Cronaca, relativa alla nascita della Russia, è ricca di queste leggende: vi si narra dell’arrivo di tre fratelli vareghi, Kij, Scek e Choriv, della fondazione di Ki’ev per volere del leggendario principe Kij, e poi una serie di morti eccellenti, come quella di Dir, ucciso nell’assedio posto da Oleg; la morte di Oleg stesso, profetizzata da un mago, nonchè quella di Igor di Kiev, ucciso per mano dei Drevliani e la terribile vendetta perpetrata da Olga, la vedova implacabile di cui il cronista narra le gesta.

Oleg, il profeta

Il principe Oleg
William Tooke, History of Russia (1800)

Avvolto in parte dalla leggenda, Oleg fu il primo signore di Russia, celebrato anche da alcune Saghe vichinghe: il principe di Kiev, infatti, era uno dei capi dell’esercito varego giunto sulle coste russe nel corso delle migrazioni partite nel corso del IX secolo. Quando nell’879 assunse la reggenza di Novgorod, aveva già le idee molto chiare: nell’882 sottomise le tribù della regione del Dnepr, conquistando la strategica Kiev di cui divenne signore. Fu grazie a lui che furono poste le basi per la nascita di quello che sarebbe divenuto il futuro stato russo. Grazie al proprio potente esercito, rinforzato dalle milizie giunte dalle nuove conquiste, Oleg si spinse fino al Mar Nero, minacciando la capitale dell’Impero: nel 907 apparve infatti con una potente flotta davanti alle mura di Costantinopoli. Leone VI si trovò costretto a riconoscere la legittimazione del principato di Kiev nel 911 che, da allora, ebbe anche il diritto di partecipare alle campagne militari di Bisanzio. Emissari dell’Imperatore avrebbero anche tentato di avvelenarlo, ma Oleg avrebbe rifiutato la coppa di vino adulterato forse grazie al suo intuito, più che alle doti profetiche attribuitegli.

La sua morte, infine, è avvolta nel mistero e anche la data non è certa, oscillando tra il 912, il 922 e addirittura il 945. Una leggenda vuole che per evitare una profezia che connetteva la sua morte al proprio cavallo, se ne liberò. Una volta morta la sua amata cavalcatura, Oleg sarebbe andato a vederne i resti e, calciandone le ossa, avrebbe destato un serpente dal morso fatale. Altre fonti, invece, mettono in relazione la sua morte con uno scontro avvenuto addirittura in Persia, forse collegabile con il racconto dello storico Ibn’ Miskawahya che parla di un attacco russo condotto contro il regno di Arran verso il 945.

Igor I, il vecchio

Il principe Igor
William Tooke, History of Russia (1800)

Alla morte di Oleg ascese al trono Igor I che avrebbe proseguito la politica mirante ad unificare i popoli slavi. Dopo aver sposato Olga, forse di origini slave o baltiche, dapprima Igor si preoccupò di organizzare le frontiere orientali per poi intraprendere delle campagne di espansione verso sud, scontrandosi contro Bisanzio nel 941 e nel 943. Con il suo esercito di Russi e Peceneghi, discese il Danubio, giungendo nei territori bizantini: queste spedizioni, pur non ottenendo i successi militari sperati, gli consentirono di pretendere la concessione di alcuni preziosi accordi commerciali. In questa politica fatta di guerre e trattati, Igor tentò di sottomettere alcune tribù slave tra cui quella dei Drevliani che, in precedenza avevano pagato tributi al principe Oleg. Quando nel 945 tentò di imporre gli stessi tributi, la popolazione gli si rivoltò contro e, forse nel corso di una sommossa, venne da loro ucciso.

Il battesimo di Olga

Nata forse a Pskov o a Izborsk, verso l’890, la biografia della principessa Olga è stata oggetto di varie manipolazioni, specie dopo la canonizzazione e attorno alla sua vicenda sono fiorite molte leggende.

Se infatti Olga è santa e famosa è perché sarebbe la principale artefice della conversione dal paganesimo al cristianesimodei Rus’. Il momento del suo battesimo, però, è stato al centro di un acceso dibattito, dal momento che la datazione di questo episodio, compresa tra il 954 e il 957, cambia notevolmente il peso dell’evento.

La vicenda è narrata da tre gruppi di fonti, russe, bizantine e latine

Fonti russe

Cronaca dei tempi passati - Codice Radzivill

La principale fonte russa, la Cronaca dei tempi passati è un lavoro composito, scritto a più riprese da più mani che trovò una sistemazione definitiva nella seconda decade del XII secolo. Da essa si ricavano alcune informazioni che rinviano a fonti precedenti ormai perdute: la principessa sarebbe stata accolta con tutti gli onori a Bisanzio da Costantino VII Porfirogenito il quale, invaghitosi della principessa, la ospitò per mesi a corte. Per sposarla, Olga si sarebbe dovuta prima battezzare –essendo pagana– e l’imperatore le avrebbe dovuto far da padrino. Dopo essere stata battezzata Olga, che assunse il nuovo nome di Elena, avrebbe rifiutato un’ennesima proposta matrimoniale, facendo notare all’imperatore che, dopo il battesimo, Costantino era divenuto suo padre, e lei sua figlia. Il Porfirogenito capì che Olga lo aveva ingannato, ma ormai non poteva fare più nulla.

Vladimiro

Un’altra fonte russa, La memoria del principe Vladimiro, composta una quarantina di anni dopo l’evento, data il battesimo a Bisanzio nel 954.

Fonti bizantine

Costantino VII

Il libro delle cerimonie, la nostra principale fonte bizantina datata al 959, narra della permanenza di Olga a Bisanzio ma datandola al 957. In tale racconto si sottolinea il grande onore con cui fu accolta, non si fa alcun cenno ad un suo battesimo, si ha l’impressione che sia ancora pagana.

Cronaca di Skylitzes

Una seconda fonte bizantina, la Cronaca di Skylitzes, è più vaga e, in breve, riporta che, senza datazioni precise, “la principessa di Russia, dopo la morte del marito, giunse a Costantinopoli. Avendo ricevuto il battesimo e avendo mostrato determinzione nella fede, tornò a casa”. Questo episodio è posto, significativamente, tra il battesimo di due comandanti ungari (948-952) e le nozze del figlio del Porfirogenito (956).

Le due fonti sono contraddittorie: la prima non cita il battesimo, la seconda sì.

Fonte latina

Sant’Adalberto di san Massimino

La fonte latina che può soccorrerci è la Continuazione della Cronaca di Reginone di Prüm, attribuita a Adalberto di san Massimino, composta tra il 966 e il 968. Adalberto lavorò presso la cancelleria degli imperatori Ottoni, avendo dunque accesso a documentazione ufficiale. Egli racconta che nel 959 Elena (il nome cristiano assunto da Olga dopo il battesimo), che era stata battezzata sotto il regno di Romano (959-963), giunse da Ottone e chiese un vescovo per convertire i Rus’. La risposta di Ottone fu celere ma per “quibusdam dilationibus”, il viaggio del missionario fu rinviato e poi non avvenne mai dal momento che il monaco Libutius, su cui aveva fatto affidamento, morì il 15 marzo del 961. Lo stesso Adalberto successivamente fu inviato a Kiev, ma tornò frustrato in patria. Altre fonti tedesche aggiungono un dettaglio fondamentale, che gli emissari di Olga volevano abbandonare il paganesimo.

Olga a Costantinopoli (Cronaca di Skylitzes)

Un battesimo controverso

Sembra di poter supporre che quando nel 957 Olga giunse a Costantinopoli, era ancora pagana e che quella missione fu di tipo politico e commerciale: gli obiettivi che si era prefissata –e che prevedevano la concessione di alti ranghi nella gerarchia ecclesiastica– non furono raggiunti. Due anni dopo Olga si sarebbe allora rivolta alla chiesa di Roma, chiedendo ad Ottone I un vescovo e dei missionari per convertire il proprio popolo al rito cattolico. Mentre il povero Libutius preparava la spedizione l’imperatore di Bisanzio moriva e prendeva il suo posto il figlio, Romano, il quale inviò una ambasciata particolarmente calorosa alla principessa, prospettandole un nuovo corso per i rapporti internazionali. È a questo punto, dunque, che si può immaginare un secondo viaggio di Olga alla volta di Bisanzio, intorno alla primavera del 960, che diedero vita ad una tregua tra Rus’ e Costantinopoli, ad una partecipazione militare dei Rus’ coi Bizantini per riprendere Creta, e finalmente al battesimo di Olga.

Quando il vescovo Adalberto giunse a Kiev, il desiderio di Olga di un’alleanza con Ottone si era ormai raffreddato e il battesimo a Bisanzio aveva precluso ogni possibilità di dialogo. Ad Adalberto non rimase che tornare in Germania: la strada di rito ortodosso per la Rus’ di Kiev era ormai tracciata.

Rientrata a Kiev tentò di diffondere la nuova fede, edificando numerose chiese ma incontrando molta resistenza sia tra i nobili che tra la popolazione: persino suo figlio rifiutò di accettare il battesimo. L’Elogio afferma che era intenta “a distruggere gli altari sui quali si facevano sacrifici al diavolo e a dedicarsi in opere caritatevoli verso la fascia più indigente del suo popolo”. Olga resse il trono fino al 959, mentre Svyatoslav era impegnato in campagne militari: solo dal 964 il figlio assunse il pieno controllo del Principato.

Santa “come gli apostoli”

Pochi anni dopo la Principessa di Kiev moriva malata ammantandosi però ben presto di un’aura di santità: nel 996 suo nipote Vladimir fece traslare il corpo della nonna nella chiesa della Dormitio Virginis, la prima chiesa in pietra di Kiev. La prima sovrana convertita al cristianesimo, sarebbe divenuta una delle sante cristiane della frontiera slava: nel 1547 ascese infatti gli altari per la Chiesa Ortodossa Russa che, per la sua opera di proselitismo, la assimilò agli apostoli, dandole il titolo onorifico di Isapostolos.

Il divertente aneddoto circa il suo battesimo, narrato nella Cronaca degli anni passati, nasconde in fondo una parziale verità giacché grazie al sacramento, Olga aveva legato indissolubilmente “la figlia Rus’ al padre Bizantino”, aprendo una nuova era nelle relazioni tra le due potenze, dando un nuovo stimolo alle missioni della Chiesa ortodossa nelle fredde terre di Russia. Il battesimo dell’intera popolazione giunse diversi decenni più tardi, nel 988, per ordine di Vladimiro, nipote di Olga. Il patriarca Polieucte, al momento del battesimo, l’avrebbe salutata in modo profetico: “Benedetta sei tu tra le donne russe, perché amasti la luce e cacciasti via le tenebre. Perciò ti benediranno i figli russi fino all’ultima generazione”.

La principessa Olga

Ma chi era Olga? Difficile distinguere il vero dal fantastico, distrincandosi tra fonti spesso manipolate, ancor più trattandosi di fonti agiografiche.

  1. Un racconto popolare vuole che Olga fosse nata da una semplice famiglia e che trasportasse su una chiatta coloro che desideravano attraversare il fiume. Un giorno su quella chiatta si sarebbe imbarcato il principe Igor che sarebbe rimasto folgorato dalla bellezza di quella giovane barcaiola.
  2. Un’altra leggenda, invece, vuole che la giovane fosse di origini nobili e che suo nonno fosse il principe Gostomysl, colui che avrebbe cacciato i Vareghi dalla Russia.

È invece ipotizzabile che la giovane donna fosse legata alla nobiltà, forse dell’area baltica, forse dell’area slava. La Cronaca degli anni passati fissa le nozze al 903 e segnala come gli sposi vivessero separati: Olga, ai tempi ancora adolescente, risiedeva a Vyshgorod, mentre Igor, con altre mogli, a Kiev. Si tratta di una civiltà ancora completamente pagana, per nulla influenzata dalla Chiesa di Roma o di Bisanzio. I due, comunque, avrebbero avuto almeno un figlio di nome Svyatoslav, nato quando ormai Olga era una donna adulta: il futuro principe di Kiev, detto “il Coraggioso”, non avrebbe però avuto una vita facile.

Le campagne di Igor contro i Bizantini

Verso il 941 Igor discese il Danubio con un grande esercito. Sbarcati sulle coste della Bitinia presero a saccheggiare la parte asiatica del Bosforo. La reazione di Bisanzio però non si fece attendere: capeggiati dal parakoimomenos Teofane, i vascelli bizantini sorpresero i Russi in ritirata e, grazie al fuoco greco, li misero in fuga. Nel 943 Igor ci riprovò con duemila navi da fiume per trasportare le truppe e con un esercito di circa 80.000 uomini, originari dalla Scandinavia e dalla Rus’, nonchè dalle nuove aree recentemente conquistate.

Giunti davanti alle mura di Bisanzio, per evitare il peggio, l'Imperatore preferì pagare un pesante tributo ai pirati-mercanti, stimato in cento carri d'oro, argento e poi ancora olio, vino, spezie, pietre preziose, tessuti e manufatti di ogni sorta.

I Drevliani uccidono Igor

Nel corso della campagna Igor si fece sostituire più volte nel comando da Sveneld, un nobile scandinavo: nel 914, su richiesta di Oleg, Sveneld aveva già intrapreso una campagna militare contro la tribù degli Ulici, combattendo per tre lunghi anni. Nonostante la caduta della loro capitale, Peresicen’, la tribù preferì riparare oltre il Dnestr, piuttosto che pagare. Ma alla fine furono comunque assoggettati. Negli stessi anni Sveneld riuscì a sottomettere anche i Drevliani, ai quali Oleg impose un tributo. Alla morte di Oleg essi iniziarono a pagare il condottiero che li aveva piegati, ormai ricco e dotato di una temibile Druzina in grado di competere con quella del nuovo principe di Kiev. Forse proprio per questo motivo, Igor avrebbe tentato di aumentare la richiesta ai Drevliani che però, dopo essersi rifiutati, lo assassinarono.

Igor lasciava la moglie, un giovane erede, ancora troppo piccolo per poter governare, ma sopratutto un principato che faceva gola a molti nobili locali.

I Drevliani

Mal, principe dei Drevliani
Mal, principe dei Drevliani
Drevlyansky Park, Korosten (Ucraina)

La tribù dei Drevliani si era stabilita nel territorio della Polesia, un’area paludosa e pianeggiante compresa fra le attuali Bielorussia, Ucraina e Polonia. Pare che il loro nome sia da collegare al termine slavo “drevo” (albero), a motivo della boscosità dell’area da loro abitata. Secondo la Cronaca degli anni passati, verso il VI secolo, i Drevliani avrebbero dato vita ad un proprio Principato con capitale Iskorosten: il territorio era costellato di villaggi fortificati, come Vrucij e Malyn, necessari per contrastare la vicina tribù dei Poljani, con cui guerreggiavano in continuazione. La storia dei Drevliani si intreccia drammaticamente con quella di Oleg e di Igor, principi di Kiev, per concludersi nel modo più tragico, quando si incrocerà tragicamente con quella della principessa vedova Olga.

La vendetta della principessa Olga

Poco tempo dopo l’assassinio di Igor, i Drevliani mandarono a Kiev un’ambasciata di 20 nobili. La delegazione propose alla principessa di convolare a nozze con il principe Mal, colui che aveva fatto assassinare il marito. Così facendo, il trono di Kiev sarebbe passato, per via matrimoniale, nelle mani dei sicari di Igor, estromettendo il piccolo Svyatoslav. Olga però aveva escogitato una vendetta terribile.

Una barca come tomba

Dopo aver convinto gli ambasciatori di voler accettare la proposta, li invitò a tornare nella barca ed attendere il suo omaggio: al suo ordine la barca fu trasportata da decine di suoi sudditi fin dentro la città. Gli ambasciatori non potevano sospettare nulla: ciò che a loro pareva un enorme baldacchino, si sarebbe trasformato in una gigantesca tomba. L’imbarcazione, infatti, fu fatta scivolare in una fossa appositamente scavata e poi, su ordine di Olga, gli arroganti notabili furono sepolti vivi.

Un bagno troppo caldo

Ignari di ciò che era accaduto alla prima ambasciata, i Drevliani ricevettero un messaggero che invitava “i migliori uomini a recarsi da lei a Kiev, così che lei potesse recarsi dal loro Principe con un adeguato onore”.

Mal organizzò una nuova ambasciata con “i migliori uomini che governavano la terra di Dereva” i quali, giunti a Kiev, furono accolti con tutti gli onori ed invitati a fare un bagno caldo prima di incontrare la Principessa. Una volta entrati nell’edificio termale, le porte furono sbarrate, e il palazzo fu dato alle fiamme.

La strage durante il sonno

Olga inviò un nuovo messaggio ai Drevliani, pregandoli di “preparare grandi quantità di idromele per celebrare un rito funebre così che possa piangere sulla sua tomba”. A quel che narra il Cronista, Olga raggiunse effettivamente la città e inscenò tanto il rito quanto le lacrime: quando però l’idromele iniziò a scorrere e i Drevliani, ingannati, crollarono nel sonno, i soldati presero a passare a fil di spada tutti quanti durante la notte, mentre la principessa “andava con loro incitandoli a massacrarli”. La Cronaca riporta, in modo probabilmente esagerato, che in una sola notte vennero uccise circa 5000 persone, una cifra straordinaria che indica che comunque si trattò di un vero e proprio massacro.

Lo stratagemma dei colombi

Ormai lo scontro con Mal e i suoi era guerra aperta. Nel 946, a distanza di un anno dalla morte del marito Igor, l’abile Olga aveva vendicato il marito, spazzando via la nobiltà nemica e molti abitanti della regione. Si era arrivati  alla stretta finale: alla testa di un esercito, con accanto il figlio Svyatoslav, la principessa marciò contro la capitale nemica, Iskorosten, là dove il marito era stato ucciso. L’assedio durò per circa un anno, senza giungere ad alcun risultato utile finchè, stando alle parole del Cronista, Olga non escogitò uno stratagemma diabolico.

 

Mostrandosi clemente la principessa mandò un messaggio agli assediati: “Perchè vi ostinate a resistere quando tutte le altre vostre città si sono arrese? I loro cittadini hanno pagato il tributo e ora, a differenza di voi, coltivano in pace i loro campi”. Gli abitanti, stremati, si dissero disposti a pagare il tributo ma temevano la repressione di Olga. Ella però disse che le precedenti repressioni l’avevano soddisfatta e che ora si sarebbe accontentata di un simbolico tributo consistente appena in “tre piccioni e tre passeri per ciascuna casa”.

I residenti obbedirono al suo ordine, sperando che dopo di ciò avrebbe liberato la città dal laccio dell’assedio. In realtà, stando alla narrazione del Cronista, Olga ordinò di legare alle zampe degli uccelli uno zolfanello, avvolto da un panno ed erba secca e di rilasciare gi uccelli, a notte fonda, armati con queste terribili “bombe incediarie”.

Abilissimi nell’orientamento, i piccioni e i passeri tornarono ciascuno al proprio nido, appiccando inavvertitamente il fuoco a tutte le case della città, al punto che “non c’era una casa che non fosse bruciata, ed era impossibile domare le fiamme, perchè tutte presero fuoco all’unisono”. Olga ordinò di catturare coloro che cercavano scampo dalle fiamme, di ucciderne alcuni e di ridurre gli altri in schiavitù per venderli: i pochi sopravvissuti furono obbligati a pagare i tributi. La città, infine, venne rasa al suolo. Dopo la violenta repressione ordinata dalla principessa Olga, i loro territori furono devastati e divennero proprietà dei principi di Kiev. La capitale, Iskorosten, fu distrutta e il nuovo centro amministrativo divenne Vrucij. L’ultimo atto della loro storia fu quando, nel 1136, il figlio di Vladimiro II Monomaco, Jaropolk II, donò le terre drevliane alla Chiesa della Dormitio Virginis di Kiev.

Tanto terribile fu la vendetta di Olga, quanto grandiosa fu la sua amministrazione della nascente Russia. In un modo o l’altro, infatti, la principessa riuscì a soggiogare le tribù slave della zona orientale, organizzandole in unità amministrative dipendenti da Kiev, con a capo singoli governanti, detti Tiuns. Diede vita ad una riforma fiscale, riorganizzò le aree cimiteriali e le leggi sulle sepolture nonchè una sorta di piano regolatore delle città russe da edificarsi finalmente in pietra. Sotto le sue direttive Kiev ebbe il proprio castello con annessa un’alta torre campanaria.

La Rus’ di Kiev prosperò per ben quattro secoli, fin quando i Mongoli non la distrussero, dando vita a tanti diversi principati. Tra questi, nel XV emerse quello di Mosca, guidato da un Caesar -da cui la parola zar- di tutte le Russie. La dinastia di Rijurik, il nonno dello sfortunato marito di Olga, si estinse nel 1598, quando ormai, con Ivan il Grande, la Russia aveva già il suo Zar e la capitale era Mosca.

La terra che era stata di Olga –vero anello di congiunzione tra mondi, religioni e culture diverse– prese un nome nuovo e significativo, che tuttora mantiene: “u okraina”, cioè u=vicino e kraj= paese, territorio. Quindi potremmo dire quasi “sul margine”, “in periferia”. Ucraina è dunque una Marca di confine, o una “periferia” –in senso geopolitico, senza affatto intaccare la sua identità, la sua unicità– una estensione dell’Asia o dell’Europa, a seconda del punto da cui la si osserva, una grande fascia che unisce e al contempo separa, una terra storicamente legata a Bisanzio e alla Russia, ma protesa da sempre anche verso l’Europa.