In supradicta itaque civitate Florentinorum, cum in domo clarissimi quondam viri Decentis, et quod est amplius, christiani, maneret, filius ipsius, Pansophius nomine, admodum parvulus, cum spiritu immundo laboraret, frequenti oratione et impositione manus Sacerdotis ipsius est sanatus: sed post aliquantos dies subita infirmitate correptus infantulus exhalavit spiritum. Cujus mater valde religiosa, et plena fide ac timore Dei, ablato illo de superiore parte domus, ad inferiora descendit, ac in lecto Sacerdotis, ipso absente, composuit. Quem cum revertens Sacerdos in lectulo invenisset, erat enim illo in tempore extra domum positus, miseratus matrem et fidem ipsius contemplatus, Elisaeo similis supra corpus infantis se ipse composuit, atque orando meruit ut vivum redderet matri, quem mortuum invenerat: ad quem etiam infantulum libellum conscripsit, ut quod per aetatis infantiam scire non poterat, legendo cognosceret. Verumtamen factum scriptis suis non commemoravit: sed quo affectu declinaverit commemorare, non est nostrum judicare.
Durante il suo soggiorno a Firenze, Ambrogio fu ospitato nella casa del nobile Decenzio, un cristiano devoto. Suo figlio, Pansofio, ancora bambino, era tormentato da uno spirito immondo. Ambrogio lo guarì con la preghiera e l’imposizione delle mani.
Tuttavia, dopo alcuni giorni, il bambino si ammalò improvvisamente e morì. La madre, donna di grande fede, prese il corpo del figlio e lo depose nel letto del vescovo, mentre Ambrogio era fuori.
Al suo ritorno, trovando il bambino morto nel suo letto, si commosse per la fede della madre. Seguendo l’esempio del profeta Eliseo, si stese sul corpo del bambino e pregò, finché il piccolo tornò in vita.
Scrisse poi un libro per il bambino, affinché, crescendo, potesse conoscere il miracolo avvenuto per lui. Tuttavia, Ambrogio non raccontò mai questo evento nei suoi scritti, per ragioni che rimangono ignote.
Traduzione in italiano a cura di Note di Storia, pubblicata a solo scopo divulgativo e per facilitare la comprensione del testo.